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E accresce rischio di gesti irreversibili dei pazienti
Fiato corto, disturbi gastrointestinali, patologie cardiache croniche, malattie urinarie: sono solo alcuni dei problemi direttamente provocati dalla depressione grave. I pazienti con un disturbo dell’umore severo hanno infatti un rischio dal 12 al 32% più elevato di andare incontro a 22 patologie diverse, come ha dimostrato un recente studio australiano pubblicato su Molecular Psychiatry per cui sono stati analizzati i dati genetici di oltre 330mila persone: la depressione non è semplicemente associata a queste patologie né è una loro conseguenza, ne è piuttosto una causa diretta. I pericoli non finiscono qui, perché chi soffre di depressione grave ha un rischio di suicidio più elevato: dal 40 al 70% dei pazienti ha pensieri suicidari, il 10-15% dei gesti estremi si verifica in chi soffre di depressione. Lo sottolineano gli esperti della Società Italiana di Psichiatria in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale del 10 ottobre, chiedendo maggiore attenzione e risorse per i Servizi di salute mentale in modo da venire incontro alle necessità dei quasi 3 milioni di italiani con disturbi depressivi: oggi per questo settore si spende appena il 3,5% della spesa sanitaria complessiva, a fronte di una necessità stimata in almeno il 5% e un investimento dell’8-15% negli altri Paesi del G7.“La depressione purtroppo è in continua crescita: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’incidenza è aumentata quasi del 20% in dieci anni – spiega Massimo Di Giannantonio, presidente eletto della Società Italiana di Psichiatria e professore Ordinario di Psichiatria presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio, Chieti – un problema serio viste le ripercussioni sulla salute generale verificate dalla ricerca appena pubblicata dai ricercatori australiani: i nuovi dati, raccolti attraverso lo studio genetico di migliaia di persone per valutare la correlazione causale fra la depressione e 925 diverse patologie, dimostrano in modo netto che è il disturbo mentale a provocare un incremento del rischio di malattie organiche e non viceversa. È infatti noto che il tasso di incidenza di patologie come asma, infezioni gastrointestinali, ipercolesterolemia, problemi cardiovascolari è più elevato nei pazienti depressi, il nuovo studio dimostra senza ombra di dubbio che è la depressione a spianare la strada a queste malattie e non il contrario. Averlo compreso è fondamentale per assicurare ai pazienti tutto il sostegno di cui hanno bisogno: è necessario, per esempio, sottoporre i pazienti a screening per le 22 patologie connesse alla depressione per poi trattarle al meglio, così da minimizzarne le implicazioni negative per la salute generale nel lungo periodo; è altrettanto indispensabile una gestione attenta delle terapie, perché per esempio l’incremento di problemi gastrointestinali è da ritenersi talvolta collegato alle terapie antidepressive, che possono e devono essere condotte con maggiore attenzione”.
Fonte: Askanews.it
Giornata Mondiale per il Cuore, 29 settembre
Si deve fare ancora molto per aumentare la consapevolezza degli italiani sui fattori di rischio delle malattie cardiovascolari, e su quali siano le armi vincenti a disposizione per prevenirle. Questa è una priorità perché le malattie cardiovascolari rappresentano ancor oggi la prima causa di morte in Italia e nel mondo ed uccidono ogni anno 17,9 milioni di persone.Un’indagine recente condotta a livello nazionale da Astra Ricerche per FIPC, conferma la buona notizia di quanto nel nostro Paese sia aumentata la consapevolezza dei danni legati al fumo (attivo e passivo) identificato dal 60% degli intervistati, quasi a pari merito (56%) con colesterolo, ipertensione e diabete. Per preservare la salute del cuore, stupisce che ancora meno di 1 italiano su 3 consideri come alleati quotidiani le corrette abitudini alimentari, quelle legate all’attività fisica e la gestione dello stress.Gli stili di vita sono dunque al centro dei messaggi che FIPC insieme a Conacuore rinnova il 29 settembre per la Giornata Mondiale per il Cuore, la campagna promossa in tutto il mondo dalla World Heart Federation e coordinata in Italia dalla FIPC. Nel corso del mese di settembre e anche oltre sono moltissime le iniziative aperte al pubblico in forma gratuita, organizzate da associazioni di pazienti, ospedali, aziende sanitarie locali, enti pubblici e privati per sensibilizzare le persone a prendersi cura del proprio cuore.Grande visibilità viene data a questi temi grazie alla collaborazione con Lega Calcio e FIGC, attraverso l’esposizione dello striscione della Giornata Mondiale per il Cuore nei campi di calcio di Serie A prima dell’inizio delle partite del 28-30 settembre e la proiezione dello spot educazionale sui videowall, consentendo di raggiungere gli “sportivi” del calcio, più o meno virtuali, presenti allo stadio o collegati.“Lo sforzo che chiediamo è quello di preoccuparsi di cosa sia possibile fare per il proprio cuore – spiega Emanuela Folco, Presidente FIPC, Fondazione Italiana per il Cuore – Si tratta di piccoli gesti e modifiche del nostro stile di vita quotidiano, gli stessi che l’indagine sottolinea e che non sono ancora percepiti come utili per vivere più a lungo, meglio e con un cuore più sano. Occorre intervenire per ridurre il rischio delle malattie cardio-cerebrovascolari, tra cui infarto, scompenso e ictus, che in Italia colpiscono e uccidono ogni anno ben 127mila donne e 98mila uomini. Nella Giornata Mondiale per il Cuore chiediamo, quindi, di diventare un eroe del cuore, promettendo, per noi stessi e per i nostri cari, piccoli ma costanti accorgimenti quotidiani, fatti di quelle scelte legate al corretto stile di vita”.“Diventa un eroe del cuore” è il razionale (e anche il titolo) dell’opuscolo della Giornata Mondiale per il Cuore di quest’anno, distribuito in 120.000 copie in tutta Italia. Inoltre, grazie alla collaborazione con Federfarma Lombardia, nelle farmacie di Milano e provincia, Monza e Lodi che aderiscono all’iniziativa, oltre a ricevere una copia dell’opuscolo della Giornata Mondiale per il Cuore 2019, sarà possibile effettuare gratuitamente un test a punteggio per valutare la salute del cuore e ricevere informazioni sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari.“Questo opuscolo vuole essere uno strumento utile per poter mettere in atto le “promesse” che ciascuno dovrebbe fare con sé stesso e con il proprio cuore – continua Giuseppe Ciancamerla, Presidente di Conacuore – nel corso di tutte le iniziative di informazione e sensibilizzazione per il pubblico organizzate sul territorio. Non escludiamo però l’aiuto delle persone che ci sono vicine e con le quali vogliamo condividere al meglio il nostro futuro”.L’elenco delle iniziative in tutta Italia è disponibile su fondazionecuore.it e conacuore.it. Una giornata, quella del 29 Settembre, che vuole essere un’opportunità per capire quanto siamo disposti a rinunciare o a impegnarci per la salute del nostro cuore. Basterà mangiare e bere con moderazione, fare più attività fisica e dire no al fumo? Potremmo davvero cominciare tutti da qui.
Fonte: askanews.it
Un successo globale, mercato da 1,2 mld di dollari in forte crescita
Lo stress dalla routine lavorativa e il logorio della vita moderna sono un problema sempre più diffuso. Una condizione negativa che spinge un numero sempre maggiore più persone a fruire di tecniche come la meditazione per migliorare la qualità della propria esistenza. Ed è un vero e proprio boom. Basti pensare che, secondo un’indagine americana pubblicata dalla CNBC, questa disciplina viene praticata da oltre il 14% della popolazione, quasi 20 milioni di persone, e che, secondo quanto riferito dal Global Wellness Summit 2019, il mercato della meditazione vale oggi solo negli USA 1,2 miliardi di dollari, cifra destinata a toccare quota 2 miliardi nel 2022.A contribuire alla popolarità del trend ci sono anche numerose celebrities, che hanno deciso di abbracciare quest’antica pratica orientale per ritrovare la serenità: da David Lynch, che ha affermato di meditare almeno due volte al giorno, a Oprah Winfrey, che ne ha fatto un vero e proprio stile di vita, da Michael Jordan a Clint Eastwood, fino ad arrivare a Will Smith, che ha costruito uno spazio appositamente dedicato alla meditazione tra le mura domestiche, e alla campionessa di tennis Bianca Andreescu, reduce dal successo contro Serena Williams. Ma quali sono i benefici della meditazione? Secondo una ricerca pubblicata sul Time, tra i vantaggi principali figura l’alleviamento dei sintomi di ansia e depressione, e la riduzione dei livelli di cortisolo nel sangue, conosciuto anche come ormone dello stress. E ancora, secondo una ricerca della Harvard University pubblicata sul Washington Post, la meditazione migliora l’attività della corteccia cerebrale e aumenta la soglia della concentrazione. Infine, per essere più felici, bastano invece 15 minuti di meditazione al giorno, secondo una ricerca pubblicata su Forbes.Un fenomeno che sta raccogliendo sempre più appassionati anche in Italia, dove si moltiplicano i corsi e i gruppi di meditazione, oltre alle pubblicazioni dei maggiori esperti della tecnica. “I vantaggi della meditazione per il benessere psicofisico sono riconosciuti dal mondo scientifico, sempre più persone ne sono coscienti e scelgono quindi di affidarsi a questa preziosa e antica pratica; si tratta però di un procedimento estremamente raffinato da apprendere, che va realizzato attraverso tappe precise – spiega Andrea Di Terlizzi, fondatore della casa editrice Inner Innovation Project e coautore del libro “La Meditazione” assieme a Antonella Spotti – .La meditazione è uno stato di coscienza che può letteralmente cambiare la vita di una persona, sviluppando capacità percettive e introspettive totalmente al di fuori della portata comune. Trasformarla in un giocattolo da usare a tempo perso rappresenta la perdita di una grande opportunità. Per questo motivo il mio consiglio è di approcciarsi alla disciplina con la massima serietà, comprendendo come la cura del corpo e della mente siano strettamente correlati. La meditazione ha scopi che vanno ben oltre il benessere psicofisico, perché influisce sugli aspetti più profondi di ognuno di noi, portando alla luce potenziali insospettabili”.
Fonte: askanews.it
Con l'aiuto dei prodotti surgelati preziosi alleati per la linea.
In vacanza, si sa, ci si concede qualche libertà in più soprattutto a tavola: pranzi, cene, spuntini fuori pasto, il più delle volte a base di cibi grassi o ricchi di zuccheri, che possono mettere a dura prova la linea. Ecco perché, terminate le ferie, sempre più Italiani (oltre il 50%) dichiarano di aver bisogno di smaltire i chili di troppo accumulati nel periodo di riposo ed adottano un regime dietetico per “disintossicarsi” dagli stravizi, dai tanti (troppi) cibi consumati, dalle tante (troppe) calorie assunte. In questo scenario, i prodotti surgelati possono rappresentare un valido alleato di un’alimentazione sana e attenta al contenuto calorico, senza cadere nella monotonia o nella ripetitività: ecco perché l’IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati – in collaborazione con un’esperta nutrizionista, Elisabetta Bernardi, ha messo a punto un vademecum di consigli utili per alimentarsi in modo equilibrato, chiamando in aiuto i prodotti “sottozero” – soprattutto vegetali e ittici – entrambi “amici della linea”.E di fatto, già da alcuni anni ormai, negli Stati Uniti ad esempio – Paese da sempre all’avanguardia sulle ultime novità in materia di fitness e di tendenze food – spopolano diete a base di ingredienti surgelati preparate da chef e nutrizionisti, come il piano alimentare studiato dall’American Frozen Food Institute (AFFI): un menù settimanale equilibrato e vario, da circa 1200 calorie giornaliere, che include molti piatti a base di verdure “sottozero” e di pesce surgelato, con un buon apporto di grassi polinsaturi e un basso valore di colesterolo. Una dieta che, tra gli americani, ha già riscosso grandi consensi. Il motivo di tale successo è semplice: i prodotti surgelati, soprattutto quelli “al naturale”, si rivelano ideali per favorire il controllo delle quantità di cibo assunte e quindi del peso; consentono di seguire facilmente una dieta diversificata, equilibrata e poco calorica (garantendo la disponibilità di pesce, frutta e verdura tutto l’anno) e sono infine convenienti e rapidi da preparare: giusto il tempo di aprire il freezer, scegliere quel che si vuole mangiare e saltarlo direttamente in padella oppure scaldarlo in forno o nel microonde.E in Italia questo successo è testimoniato anche dai più recenti dati di consumo di frozen food, resi noti dall’IIAS: nel 2018, infatti, nel nostro Paese sono state acquistate oltre 838.580 tonnellate di prodotti “sottozero”, con vegetali e ittici in pole position, i cui consumi hanno toccato rispettivamente le 398.310 e le 112.700 tonnellate. In particolare, i vegetali sono in testa ai consumi dell’intero comparto (con il 47,5% del totale), a conferma della capacità di questo segmento di soddisfare pienamente le richieste dei consumatori in termini di benessere, nutrizionalità e servizio, con un’offerta che risponde anche alle più recenti tendenze/mode alimentari in voga (vegetarianismo, veganismo). Mentre l’ittico si conferma il secondo segmento di categoria: soprattutto i prodotti “al naturale”, il mollame e i crostacei vengono apprezzati per la qualità, la disponibilità, l’ampia scelta e l’alto contenuto di servizio, essendo subito pronti al consumo e senza sprechi.
Fonte: askanews.it
Iss: non smettono di bere e fumare
Sono poco meno di 2 milioni gli italiani con più di 65 anni che hanno ricevuto una diagnosi di tumore, di questi 2 su 10 dichiarano di essere in pessime condizioni fisiche e psicologiche. Eppure le cattive abitudini, come fumo, consumo di alcol a rischio, sedentarietà, che rappresentano rilevanti fattori di rischio per recidive tumorali, non vengono del tutto abbandonate. Lo rivela il sistema di sorveglianza PASSI d’Argento (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità). I dati sono stati inseriti nel volume “I numeri del cancro in Italia 2019”, presentato oggi al Ministero della Salute e frutto della collaborazione tra AIOM, AIRTUM, Fondazione AIOM, ISS e SIAPEC-IAP, di cui si allega il comunicato.L’indagine, condotta nel biennio 2016-17, ha raccolto informazioni su un campione, rappresentativo per genere ed età, di 22811 persone di 65 anni o più residenti in Italia, non istituzionalizzati, né ospedalizzati o residenti in strutture. Di questi 3019 hanno riferito di aver ricevuto una diagnosi di tumore, pari ad una prevalenza media annua nella popolazione generale di ultra65enni del 12.8% che si stima coinvolga circa un milione e 729mila ultra65enni, valori in linea con quanto emerge dalle stime di prevalenza dai dati dei registri tumori.ll profilo di salute fisica e psicologica e la qualità di vita degli ultra65enni con una diagnosi di tumore risulta decisamente compromesso rispetto al profilo di persone libere da cronicità e comunque peggiore anche rispetto a quanto emerge per persone affette da altre patologie croniche, diverse dal tumore (cardiopatie, ischemia cerebrale, malattie croniche respiratorie, diabete, insufficienza renale, malattie croniche del fegato). Il 22% degli ultra65enni che riferiscono una diagnosi di tumore dichiara di essere in pessime condizioni di salute: il 19% riferisce sintomi di depressione, il 16% dichiara che queste condizioni di salute, fisica e/o psicologica, hanno impedito loro di svolgere le normali attività quotidiane per oltre 2 settimane nel mese precedente l’intervista.Anche le disabilità percettive legate a vista e udito, che condizionano fortemente le capacità di comunicazione delle persone anziane, peggiorando la loro qualità di vita e inducendo problematiche connesse all’isolamento, alla depressione e alle cadute, sono più frequenti fra gli ultra65enni con una diagnosi di tumore: il 12% ha un deficit visivo, non risolvibile con l’uso lenti, il 15% ha problemi legati all’udito non risolti o risolvibili con l’uso di apparecchi acustici.Ancora, cadute e disabilità sono più frequenti fra gli ultra65enni con diagnosi di tumore: il 10% riferisce di essere caduto nel mese precedente l’intervista (rispetto al 6% fra persone libere da cronicità); il 20% è disabile (rispetto al 12%), ovvero non è più autonomo in una delle 6 attività fondamentali della vita quotidiana, come mangiare, vestirsi, lavarsi, spostarsi da una stanza all’altra, essere continenti, usare i servizi per fare i propri bisogni.
Fonte: askanews.it
Studio Univ. Padova su 253 marchi: 40 con informazioni fuorvianti
L’uso massiccio del web marketing rende molto più difficile il monitoraggio delle indicazioni nutrizionali e sulla salute utilizzate nelle campagne pubblicitarie. Questo vale anche per le acque minerali che spesso promettono e vantano effetti benefici senza che questi siano supportati da alcuno studio scientifico che comprovi quanto dichiarato. Uno studio, condotto dal gruppo di ricerca dell’Unità di Biostatistica, Epidemiologia e Sanità Pubblica dell’Università di Padova coordinato dal prof. Dario Gregori, con il contributo dell’Istituto Superiore di Sanità, e appena pubblicato sulla prestigiosa rivista “International Journal of Environmental Research and Public Health” ha esaminato in profondità i contenuti dei siti web per le acque in bottiglia prodotte in Italia. La ricerca – spiega l’Università di Padova – era volta a valutare se vengono segnalate indicazioni nutrizionali e sanitarie associate al consumo dell’acqua in bottiglia, quali tipi di indicazioni nutrizionali e sanitarie sono segnalate più frequentemente, e se le indicazioni sui possibili effetti benefici associate al consumo possano essere ritenute appropriate in base alle attuali indicazioni normative, che richiedono, come principio generale, l’essere supportate da adeguate evidenze scientifiche. Nello studio i ricercatori hanno condotto una rassegna del contenuto del sito web delle 253 acque in bottiglia prodotte in Italia e riportate nella relazione annuale di Bevitalia 2016-2017. Per ogni marca sono state esaminate le indicazioni relative alle proprietà preventive, curative o terapeutiche dell’acqua segnalata. “Sono state identificate 40 acque in bottiglia che includevano informazioni potenzialmente fuorvianti non coerenti con la direttiva europea sullo sfruttamento e la commercializzazione di acque minerali naturali – spiega il prof. Dario Gregori -. Abbiamo notato in particolare come le informazioni sugli effetti salutistici riportate nei siti web di tali acque, non sufficientemente supportate da riscontri scientifici o di letteratura, si riferiscano per lo più a possibili effetti benefici per le vie urinarie e sistemi cardiovascolari ma spesso allargandosi fino a dichiarazioni di efficacia in ambiti particolari o anche sull’estetica del potenziale consumatore. I risultati del lavoro di ricerca evidenziano, utilizzando il case study sull’acqua in bottiglia, che il monitoraggio del contenuto dei siti web è altrettanto essenziale di quello sulle etichette per evitare pratiche di marketing inappropriate, tali per cui il consumatore può ricevere indicazioni fuorvianti su possibili effetti salutistici non adeguatamente supportati da evidenze scientifiche”.
Fonte: askanews.it
Studio Philip Morris: mancanza informazione ostacola prodotti alternativi
La mancanza di informazione ostacoli prodotti alternativi al fumo: solo il 17% dei fumatori italiani dichiara di avere informazioni adeguate sui prodotti senza fumo. E’ quanto emerge da un rapporto rilasciato oggi da Philip Morris International (PMI) dal titolo “Unsmoke: Clearing the Way for Change” basato sui risultati di uno studio internazionale condotto per l’azienda da Povaddo, istituto di ricerca indipendente. Se le scelte migliori restano sempre non iniziare o smettere del tutto di fumare sigarette e utilizzare qualsiasi altro prodotto a base di nicotina, la realtà è che molte persone non lo fanno. Il sondaggio, condotto in 13 paesi tra gli adulti di età compresa tra 21 e 74 anni, esplora due temi chiave: la mancanza di informazioni disponibili su prodotti senza fumo e l’impatto del fumo sulle relazioni personali. Lo studio rivela alcune delle barriere che impediscono ai fumatori di considerare alternative senza fumo rispetto al fumo tradizionale. “Attualmente vi è molta disinformazione sui prodotti senza fumo e questo crea confusione. È uno dei maggiori ostacoli che è necessario affrontare per costruire un mondo senza fumo.” ha dichiarato Jacek Olczak, chief operating officer di PMI. “La realtà è che sono disponibili valide alternative per i fumatori adulti che non smettono di fumare. C’è un bisogno urgente di un dibattito globale – basato su ricerche e fatti scientifici – su queste alternative.” Per quanto riguarda il pubblico italiano, il rapporto fotografa innanzitutto il desiderio di un maggiore impegno per rendere le sigarette un ricordo del passato – un obiettivo condiviso da quasi nove intervistati su dieci che affermano che il Governo dovrebbe investire tempo e risorse nel cercare di ridurre l’incidenza del fumo. Tuttavia, l’88% degli italiani sono convinti che regolazione e tassazione non saranno in grado, da sole, di risolvere il problema. Se l’87% degli intervistati (più di quattro su cinque) concorda sulla necessità di maggiori e più trasparenti informazioni sui prodotti senza fumo, solo il 17% dei fumatori si ritiene “decisamente d’accordo” sull’avere tutte le informazioni necessarie. La domanda di informazione è forte: il 96% del pubblico italiano conosce la sigaretta elettronica, ma tre quarti dei fumatori (75%) affermano che prenderebbero più facilmente in considerazione il passaggio ad alternative tecnologiche – sigarette elettroniche o prodotti a tabacco riscaldato – se fosse più chiaro in che modo tali prodotti differiscono dalle sigarette. Centrale per una corretta informazione ai fumatori è anche la collaborazione tra aziende, istituzioni e mondo scientifico, ritenuta indispensabile dal 77% degli intervistati. Lo studio esplora anche l’attitudine verso il fumo di fumatori e non fumatori, e il ruolo che il fumo svolge in ambito personale e sociale. Ad esempio, l’87% dei non fumatori italiani ha avuto divergenze con il proprio partner a causa del vizio del fumo di quest’ultimo, mentre quasi 9 non fumatori su 10 sono infastiditi dal fumo durante i pasti. Sempre secondo lo studio, abbandonare l’utilizzo di sigarette e prodotti contenenti nicotina rimane la scelta migliore, ma rispetto al continuare a fumare, l’utilizzo di alternative senza fumo potrebbe migliorare la qualità delle relazioni personali. Infatti, gli ex-fumatori che sono passati definitivamente a prodotti senza fumo concordano sul fatto che tali prodotti hanno avuto un impatto positivo sulla loro vita: i pasti hanno un sapore migliore (84%), la loro vita sociale è migliorata (57%), e le loro relazioni con la famiglia e gli amici sono migliori (51%). “Stiamo creando un movimento – #unsmoke – per contribuire a creare un mondo senza fumo”, ha dichiarato Marian Salzman, senior vice president global communications di PMI. #Unsmokeyourworld è un’iniziativa di PMI per promuovere un cambiamento nell’approccio delle politiche sul fumo. Il movimento #unsmoke ha l’obiettivo di riunire una comunità di persone in grado di accelerare questo cambiamento rafforzando il messaggio secondo cui non iniziare o smettere completamente di fumare sigarette e utilizzare qualsiasi prodotto a base nicotina sono la scelta migliore, diventando altresì ambasciatori del messaggio che, per i fumatori che altrimenti continuerebbero a fumare, ci sono valide alternative tra cui tra cui oggi è possibile scegliere.
Fonte: askanews.it
Spalle e schiena le zone più richieste dagli uomini
Il trend appare decisamente in crescita: accanto alle donne, che restano la maggioranza, sempre più uomini scelgono l’epilazione definitiva, tanto più quando il richiamo delle spiagge si fa sentire. Una novità epocale? Un segno dei tempi e delle mode che cambiano? Non del tutto. Per quanto possa sembrare strano, i primi a cercare di liberarsi dei peli superflui pare siano stati gli uomini delle caverne per motivi più pratici che estetici. Secondo alcuni studi, infatti, la peluria bagnata, che d’inverno tendeva a congelarsi, creava non pochi problemi, e si tentava perciò di rimuoverla con conchiglie o con denti affilati di qualche predatore. Certo, oggi molto è cambiato: a ridurre la peluria ci ha pensato in gran parte l’evoluzione della specie. Allo stesso tempo si sono sviluppate anche le tecniche di depilazione: rasoi, cerette, epilatori elettrici e da qualche tempo anche l’epilazione definitiva, che utilizza sofisticate tecnologie per rimuovere le cellule germinative alla base della formazione del pelo. Una soluzione che, cifre alla mano, negli ultimi anni sta riscuotendo sempre più apprezzamento anche in Italia. In base ai dati forniti da uno studio realizzato da epiLate, multinazionale del settore – con centri in Italia, Spagna e Svizzera – tra il 2017 e il 2018 si è registrato un incremento delle persone che ricorrono all’epilazione definitiva del 37,91% e un aumento del 24,89% nei primi sei mesi del 2019. Se le donne sono ancora la maggioranza, è in costante aumento la percentuale maschile salita dall’11,80% del 2017 al 15% nella prima metà del 2019. Insomma, sempre più uomini cercano metodi definitivi per liberarsi dei peli rispetto alla ceretta o al rasoio; dal report di epiLate, emerge che le parti più richieste sono le spalle (17,10%), la schiena (15,82%), il petto (13,59%), le ascelle (13,26%), l’ addome (11,54%). Ma non manca chi sceglie di definire la barba (6,19%) o persino di eliminarla completamente (2,52%). I dubbi principali per chi si accosta a questo settore sono due: l’efficacia e la sicurezza. La regola da tenere sempre presente è quella di rivolgersi a centri specializzati, in grado di fornire tutte le garanzie necessarie, anche attraverso test clinici sulle apparecchiature utilizzate e sulle procedure. Per quanto riguarda la durata del trattamento nel tempo, con circa 6/8 sedute, si parla di un’efficacia del 95% nell’arco di 10 anni. E non vanno sottovalutati i vantaggi per coloro che si trovano a dover fare i conti con una serie di problemi legati ai tradizionali metodi di depilazione, come i fastidiosi peli incarniti o la follicolite.
Fonte: askanews.it
Soltanto nel periodo gennaio-luglio 2019
Dall’1 gennaio al 31 luglio di quest’anno si sono registrati 364.808 casi di morbillo in tutto il mondo, un aumento enorme: tre volte il dato dell’anno precedente, segnalato dall’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui nel 2018 i casi nello stesso periodo erano stati 129.239. Il totale parziale per il 2019 segna livelli mai avuti dal 2006 in avanti, secondo il portavoce Christian Lindmeier. Secondo l’Oms, che oggi ha pubblicato un rapporto sul tema, i casi sono quasi triplicati nel confronto anno su anno. Il maggior numero di casi è stato registrato nella Repubblica democratica del Congo, in Madagascar e in Ucraina.
Fonte: askanews.it
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